Appena qualche giorno fa si è tornati a parlare di questo tema in merito ad uno notizia pubblicata da diverse testate sull’abolizione di regole proibitive in fatto di uniformi e look in generale, in alcune scuole del Giappone.
Sembra infatti che entro la fine dell’anno accademico in essere, circa 200 scuole di Tokyo aboliranno regole estremamente rigide in fatto di abbigliamento e acconciatura.
Da molti anni si discute sull’assurdità di normative che possono essere percepite quanto meno come anacronistiche. Sembra infatti che la società giapponese sia estremamente legata alle tradizioni del proprio passato. Parlo di tradizioni, oltre che di normative, per il fatto che alcune regole non sono mai state formalizzate in forma scritta, ma tramandate, come molte altre tradizioni. Nonostante l’assenza di un documento giuridico su questo tema, alcuni istituti scolastici di Tokyo hanno per anni esercitato il potere di includere o escludere – attraverso la non accettazione o l’espulsione – studenti e studentesse non propriamente fedeli a certi dettami.
In particolare tra le usanze più arcaiche, ma anche più diffuse, vigono quelle relative all’obbligo di avere i capelli lisci neri e la biancheria intima bianca o comunque di colori che non possano essere visti sotto la divisa.
L’origine storica di questa disciplina affonda le proprie radici nella notte dei tempi, ma il controllo sul modo di vestire e di portare i capelli si è sicuramente intensificato negli anni Settanta e Ottanta nel tentativo di contenere la liberalizzazione dei costumi – e dei pensieri – dei giovani che stava dilagando in quasi tutto il mondo.
Negli ultimi anni il dibattito sulla questione si è acceso, mettendo sempre più in luce l’assurdità di queste regole che non solo impongono un controllo serrato sulle abitudini degli studenti in fatto di outfit, ma non consentono loro di esprimersi liberamente attraverso l’abbigliamento.
Appena 5 anni fa una studentessa di Osaka ha intentato una causa contro la direzione della scuola in cui era iscritta e da cui era stata espulsa per essersi opposta all’obbligo di tingere i capelli che le aveva causato una grave dermatite. La ragazza ha vinto la causa ed è stata risarcita.
La scorsa settimana sembra che finalmente ci sia stata una svolta nelle scuole di Tokyo e di altre città giapponesi che stanno finalmente chiudendo i conti con certe regole antiquate per abbracciare una modalità educativa che incoraggi l’espressione individuale degli studenti e la valorizzazione delle caratteristiche personali, nel rispetto del contesto di riferimento.
Queste notizie ci portano a ridiscutere un tema a me molto caro di cui mi occupo da anni: l’uniforme e la divisa.
A quali necessità rispondono?
E soprattutto quali le differenze?
La divisa racconta:
Se la divisa si distingue per la sua funzionalità l’uniforme è caratterizzata da una maggiore istituzionalità, basti pensare ai ruoli nell’esercito o nella chiesa. Nella sua denominazione l’uniforme racchiude il concetto di uniformità, volta a denotare un gruppo di persone che condividono un ruolo seppur con gradi o livelli diversi. Storicamente l’uniforme ha risposto principalmente a due esigenze in maniera più rigida rispetto alla divisa:
L’uniforme riunisce un gruppo di persone generando un legame di appartenenza dal carattere fortemente identitario.
Nella mia attività di consulente d’immagine la divisa è una richiesta frequente. Il mio approccio è estremamente mirato e personalizzato. Non c’è un’impostazione standard proprio perché il mio obiettivo principale è capire quali siano le esigenze del cliente e del suo mondo valoriale aziendale.
Inoltre mi sento di sottolineare un aspetto per me imprescindibile: qualunque abito viene valorizzato da chi lo indossa, per questo, anche nel caso della divisa, non esiste un modello standard, ma un modello che segua un mood comune per tutti, ma metta in luce le sfumature volte a rappresentare le caratteristiche individuali. Questo fa sì che chi la indossa ne sia contenta/o e possa valorizzarla ancora di più.
Un aspetto a cui tengo moltissimo è che la divisa sia indossata con piacere e consapevolezza, per questo motivo uno step fondamentale del mio approccio riguarda la formazione delle persone che la dovranno indossare per spiegare loro l’importanza dell’acquisizione o del cambiamento di una divisa e il motivo per cui l’azienda l’ha scelta. Nel corso del primo ciclo di appuntamenti per la definizione di una nuova divisa, è fondamentale per me, parlare non solo con il referente ma anche con tutte le persone coinvolte per capire le loro necessità e il tipo di divisa che possono indossare con piacere. A quel punto si parte con il disegno e poi con la realizzazione sartoriale del modello.
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