RITA LEVI MONTALCINI: immagine di valore

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Chi ha avuto la fortuna di conoscerla e di poter raccontare di lei, ricorda la meraviglia che provava per i colori e la gratitudine verso di loro per aver sposato la missione di decorare il mondo.

Donna di scienza, di anima, di classe, Rita Levi  Montalcini ha lasciato un segno indelebile nel panorama internazionale scientifico, culturale e sociale.

 

Orgoglio d’Italia, è stata una delle scienziate più stimate e importanti del secolo scorso. La prima donna italiana a ricevere il premio nobel per la Medicina,  conosciuta nel mondo anche per la sua smisurata umanità, era anche un’importante icona di stile.

 

Esempio di eccellenza e di emancipazione femminile, la Montalcini aveva sempre posto in cima alla lista dei suoi valori l’impegno e l’ottimismo, leve motivazionali di una vita di studi anche in periodo particolarmente avverso nella storia.

 

Nata nel 1909, la sua brillante carriera di scienziata trovò un primo grandissimo ostacolo nelle leggi razziali.

Non era certo facile essere donna, ebrea, ricercatrice.

Nel 1947 si trasferisce negli Stati Uniti dove resterà per 30 anni fino al coronamento della sua gloriosa carriera con l’assegnazione del premio Nobel per la Medicina nel 1986, soprattutto grazie alle innovative scoperte sul sistema nervoso.

Prima donna ad essere ammessa anche nell’Accademia Pontificia, ha sempre sposato e portato avanti la causa della parità dei diritti delle donne in ambito scientifico e non solo. Un’anima e una mente così ricche non potevano che proiettarsi verso il mondo attraverso uno stile molto personale, capace di rispecchiare tanta magnificenza racchiusa in un corpo esile.

 

Capelli rigorosamente raccolti in uno chignon, bianchi ed estremamente curati. Spalline, spille, collane vistose, nulla lasciato al caso e con l’obiettivo comunicativo di veicolare la sua autorevolezza e potenza mixata ad una personalità frizzante. Forse non tutti sanno che indossava bracciali disegnati da lei, oltre al cameo – simbolo di potere e di appartenenza a specifici valori –  con il giglio di Firenze che indossava sempre sul vestito.
Consapevole del potere comunicativo dell’abbigliamento e di quanto attraverso la cura della sua immagine riuscisse a conferire importanza all’occasione, la Montalcini dedicava tempo e attenzione alla sua preparazione quando doveva ricevere collaboratori. Questa attenzione e cura della sua persona ci svela molto della sua personalità incline probabilmente ad un buon autocontrollo che rimanda inevitabilmente alla sua ottima capacità gestionale.

 

I suoi vestiti erano caratterizzati da uno stile inconfondibile ed identitario: lunghi, stretti in vita, mix perfetto per veicolare il suo lato razionale, con il collo alto e abbottonato, talvolta addolcito con del pizzo, maniche e spalline a sbuffo,  in stile Vittoriano. Anche il collo alto ha una storia da raccontare: nel mondo della simbologia dell’abbigliamento infatti rimanda al valore della riservatezza, di una persona che non sente il bisogno di parlare di sé apertamente. Ma non solo questo! L’abito dal collo alto conferisce solidità e struttura alla figura, per rendere più visibile l’immagine di una piccola donna in un mondo dominato dagli uomini.  Il collo vittoriano, inoltre, modifica la postura rendendola anche fiera e orgogliosa perché la sua rigidità impone alla testa di essere sempre dritta e alta.

 

Al collo rigorosamente perle, per eccellenza l’accessorio di classe e della precisione.

Adorava i colori, in particolare quello dei suoi occhi, l’azzurro – colore che simboleggia la riflessione – ma la sua palette d’abbigliamento contemplava anche il grigio, il nero e il bordeaux. Tra i tessuti prediligeva il raso e il velluto. Quando sceglieva il tailleur lo abbinava rigorosamente alla camicia bianca, nobile e pura.

 

Indimenticabile l’outfit disegnato per lei da Roberto Capucci per la consegna del premio Nobel, al punto che lei stessa lo definì “un abito da regina”, d’altro canto stava per ricevere un premio consegnato dal  Re di Svezia.  Lo stesso stilista racconta che Rita Levi Montalcini apprezzava a tal punto i suoi abiti, da averne acquistati ben 47.

Una sovrapposizione di colori scuri ispirati alle opere di Caravaggio: viola, prugna, verde, tutti pensati per sottostare all’austera capigliatura molto composta e autorevole nel volume e nel colore grigio argento. Il successo dell’abito ebbe una tale risonanza che la regina Silvia di Svezia invitò lo stilista Capucci a esporre i suoi abiti in una mostra a Stoccolma, chiedendogli di portare l’abito di Rita Levi Montalcini e la foto che la ritraeva accanto a suo marito, il re Carl Gustav.

 

Non solo dunque un gioiello per la Scienza, ma anche una donna dalla grande anima, un’attivista per i diritti delle donne, una pioniera sul fronte dell’emancipazione. Molti i valori che si celavano dietro i suoi occhi blu, che non potevano che appartenere ad una persona di tale spessore, visto che nel suo significato simbolico il blu richiama la calma e l’equilibrio, due caratteristiche che Rita Levi Montalcini sapeva trasmettere bene.

 

In un ambiente professionale e sociale molto ostile alle donne, Rita Levi Montalcini, ha fatto scelte importanti, personali e lavorative. Tra queste spicca senz’altro quella di  non essersi voluta mai spogliare del suo lato femminile, adottando quei capi che per il suo tempo erano appannaggio delle donne e allo stesso tempo mettendo in evidenza il suo rigore attraverso modelli dalle linee rigide e il suo potere e autorevolezza attraverso accessori e i colori accuratamente scelti.