LA VERA SFIDA? Indossare bene se stessi riconoscendosi nel proprio stile

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Tra le diverse funzioni che una consulenza d’Immagine ricopre spicca senza dubbio quella di far sentire le persone a proprio agio negli abiti indossati.

Eppure la storia di ognuno abbonda di momenti in cui si è desiderato essere nei panni di qualcun altro, in senso reale e figurato.

 

Il legame tra abbigliamento e identità, come sai, è il tema centrale di molti miei approfondimenti perché è uno dei punti di partenza della comunicazione non verbale agita attraverso l’abbigliamento. 

 

Risale ormai al lontano 2005 il film In Her Shoes – tradotto Se Fossi Lei – in cui si racconta, in un’ottica di commedia, la difficoltà di essere se stessa e la voglia di essere la protagonista della vita di un’altra.

In questa commedia americana, due sorelle Maggie e Rose, hanno ben poco in comune se non una vera passione per le scarpe. Rose, la sorella da profilo più serio, dedica gran parte del suo tempo e delle sue risorse al lavoro, ma quando torna a casa apre il suo scrigno e ammira la sua ricca collezione di scarpe. Le ammira, le trasforma in oggetti di compagnia, ne respira la familiarità e ne vive la gioia e l’orgoglio di possederle. L’armadio dedicato alle scarpe rappresenta il suo mondo privato che cerca di proteggere dalle grinfie di sua sorella che invade il suo spazio identitario e personale prendendo in prestito le sue scarpe.

 

Questo spaccato di vita quotidiana sembra raccontare la storia di molte sorelle, che si scambiano vestiti, più o meno volontariamente, o che subiscono le irruzioni dell’altra nel proprio armadio.

Prendendo spunto dalla dinamica della film non è difficile immaginare come in questo caso una scarpa non rappresenti semplicemente un oggetto con una sua utilità, quanto piuttosto un elemento carico di significato legato all’identità e alla storia di una persona.

Non è forse questo quello che ogni persona cerca di comunicare con il proprio stile?

Per quanto si possa desiderare alle volte sfoggiare uno stile che non sia proprio il nostro, la vera sfida è indossare bene se stessi, ovvero adottare uno stile che non solo identifichi la personalità di chi lo indossa ma sappia anche interpretare e raccontare il desiderio di cosa vorrebbe essere. L’abito può fare molto nel far sentire chi lo indossa come se fosse chi vorrebbe essere. Questo gioco di parole è stato anche dimostrato con esperimenti sociologici che dimostrano quanto questo influisca positivamente sulle performance. Tuttavia l’abito non può sicuramente snaturare una persona proiettandola troppo distante da quel che è, perché il rischio altissimo è poi che, finito l’incantesimo dell’abito, si torna da dove si è partiti, ovvero da se stessi. 

In questo la Consulenza d’Immagine ha un ruolo fondamentale: accompagnare le persone nell’espressione di sé e anche nel cambiamento che si vuole intraprendere.

 

A una sola condizione però: che il tutto avvenga nel rispetto della persona, perché nessuno si sentirà mai davvero a proprio agio nei panni di qualcun altro nel lungo termine.

 

Ma i messaggi da cui prendere spunto nel film non si esauriscono qui. Di Rose, infatti, emerge un’altra caratteristica: si focalizza molto sulle scarpe perché gli abiti la fanno sentire in imbarazzo. Non ha un buon rapporto con il suo corpo, sente che il cibo è un rifugio pericolosa, allora si gratifica con le scarpe. Ma non è solo un discorso di gratificazione, ma anche di focal point, ovvero attraverso l’accessorio sposta l’attenzione sui punti di forza, oscurando quelli che vengono percepiti come difetti o punti di debolezza. 

La Consulenza d’Immagine ha un ampio raggio di manovra nel mondo della Comunicazione non Verbale, ma il suo compito, nella definizione dello stile è quello di raccontare la persona che lo adotta, i suoi obiettivi, il suo modo di sentirsi bene nelle cose che fa, perché, come ci insegna John Lennon

L’unica persona che sei destinata a diventare è la persona che tu decidi di essere”. (John Lennon)