SQID GAME: i simboli di forme e colori

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Tutti pazzi per Squid Game, che sin dai primi episodi si è rivelata tutt’altro che una serie ordinaria.

Con Squid Game vale lo stesso principio dell’abbigliamento: se ti fermi all’apparenza, ti godi meno del 50% del risultato, se non sai quello che si cela dietro a ogni forma o colore è come se avessi guardato la serie con gli occhi chiusi.

 

Partiamo dalla trama, lineare e spietata: i concorrenti sono chiamati a competere in giochi tradizionali coreani, chi perde muore.

 

Il primo elemento su cui soffermarsi è l’abbigliamento dei giocatori, tutti indossano la tuta. La domanda al regista, Hwang Dong-hyuk,  sorge spontanea, e la risposta non ha tardato ad arrivare: di fronte all’ovvietà della tuta come abbigliamento sportivo per eccellenza, il regista,  pone un’altra, più profonda, motivazione: la tuta rappresenta in primo luogo un’ inesorabile perdita di identità, i giocatori perdono lo status di persone e diventano, di fatto, numeri, il cui valore è determinato dal solo fatto che se vincono restano, se perdono muoiono. Più tradizionale la motivazione della scelta dei colori delle tute: verde e bianco che sembrerebbero essere i colori dell’uniforme sportivo della scuola elementare di Dong-hyuk. Che il verde rimandi anche alla speranza di sopravvivere? Qualche presentimento ce l’ho.

Un altro punto di attenzione sul color,  il colore fucsia delle tute dei sorveglianti che solleva un dubbio: il fucsia è un colore molto legato all’infanzia, all’innocenza, in netto contrasto con il ruolo spiccatamente adulto di queste figure prevaricatrici che possono arrivare a tutto, fino a togliere la vita ai giocatori.  Le guardie inoltre indossano delle maschere con forme geometriche, nello specifico cerchi, triangoli, quadrati. Le forme, secondo la spiegazione dello stesso Dong-hyuk , rappresentano i diversi gradi di gerarchia delle guardie che determinano anche le diverse mansioni da svolgere: il lavoratore di basso grado è il cerchio, il triangolo denota i soldati armati, i quadrati i manager.

Un condensato della società coreana divisa in classi e ferita da profonde disuguaglianze sociali spesso denunciate dalla cinematografia del paese. La disuguaglianza delle masse è ben rappresentata anche dai VIP che vengono invitati come spettatori negli ultimi 3 giochi. Il livello di perdita di umanità è macabramente inscenato da persone usate come mobili e decorazioni al servizio di questa élite contraddistinta da maschere di animali sul volto, consuetudine a cui l’élite si è dedicata per secoli.

 

Ma non si esaurisce nelle forme il significato sotteso che anche nelle lettere fa avvertire il suo peso: i simboli riportati sulle maschere rappresentano le lettere dell’alfabeto coreano, il cerchio per la O, il triangolo è racchiuso nella J, il quadrato nella M. Risultato: OJM,le prime lettere della parola che in coreano denomina il gioco del calamaro, Ojingeo Geim. L’unica domanda possibile: perché?

Anche qui il responso più attendibile è quello del regista il quale confessa di aver voluto conferire alle guardie il ruolo di formiche che si muovono all’interno di una folta colonia, confondendosi le une con le altre con il corpo indistinguibile. 

 

Quando alle sfide sopravvivono i 3 ultimi giocatori, questi ultimi ricevono in dono abiti molto costosi e vengono invitati a una festa: siamo all’interno di un nuovo scenario gremito di simboli e significati. Fa qui la sua comparsa anche il contesto massonico: i simboli abbondano e arredano la stanza. Tavoli disposti a triangolo su un pavimento a scacchiera, al centro le lampade che lasciano intravedere due pilastri di luce su ogni lato del triangolo. In questa scena della serie emergono tutti gli aspetti occulti di questo gioco. Il rituale più impattante è il sacrificio di sangue.

 

Anche il finale non si risparmia sul ruolo del colore: il vincitore è un uomo nuovo, i suoi capelli non sono più neri, ma rossi. Il suo cambiamento è stato profondo, per questo si tinge i capelli di rosso, che, non a caso, è il colore dei riti d’iniziazione e del sacrificio.  

 

Data la notevole attenzione ai particolari, non sorprende il picco di vendite che la serie ha scaturito nel mercato dell’abbigliamento. Gli effetti di Squid Game non si sono fermati agli acquisti massivi di capi e gadget, ma si sono spinti fino all’emulazione, talvolta pericolosa, dei giochi e delle sfide.

 

Anche qui è facile cadere nel gioco: ci si muove nel regno dell’assurdo ma l’utilizzo di colori pastello, i giochi, i personaggi, assumono una tale connotazione di realtà che diventa difficile distinguerla dall’immaginazione.

 

Tutt’altro che una serie leggera.

Colori, simboli, forme, ruoli: il messaggio è sempre ben nascosto, ma efficace!