SANREMO 2022: Il linguaggio degli abiti

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Sanremo non è mai solo il festival della canzone, ma un recipiente di valori e di linguaggi che raccontano molto dei suoi protagonisti e del nostro tempo.

Le novità di quest’anno non si sono fatte attendere, manifestandosi addirittura all’ingresso: il red carpet … non è più red, ma green!

D’altro canto se al festival di Sanremo è deputata anche la funzione di farsi rappresentante e promotore dei valori della cultura nazionale, non può mancare anche un appello di respiro internazionale come quello legato al tema della sostenibilità e l’impegno ambientale portato alla luce anche da molti artisti. 

 

Spezzare il legame di continuità con il passato e scegliere un cambio di rotta, intanto cromatico, così radicale,  non può che sublimare un nuovo inizio, una rinascita simbolica, rappresentata anche dal ritorno del pubblico in sala e dalla cornice ottimistica di fiori gialli. 

 

Accanto al potere della musica e delle parole anche gli outfit degli artisti non sono stati da meno, ritagliandosi uno spazio di comunicazione molto ricco e variegato. Colori, tessuti, personalità: nulla lasciato al caso e portato sul palco storico dell’Ariston con il suo imponente strascico di significati.

 

Sul fronte del simbolismo sappiamo quanto il colore non abbia rivali e partiamo dai valori emersi, o riproposti, nella 72esima edizione del Festival.

 

Partiamo dal candore del bianco negli ultimi tempi sin troppo associato al concetto di igiene e pulizia, qui si riappropria di tutti i suoi significati e viene elogiato da Elisa in un outfit tra il metafisico e il fiabesco che sembra voler ribadire nient’altro che quella “stupida voglia di vivere” cantata.

 

Dal candore al suo opposto, come la luce e le tenebre, il bianco e il nero duettano con Blanco e Mahmood in un dialogo che nasce dal contrasto generando una fortissima energia capace di trasformare un supereroe che si spoglia della sua corazza per umanizzarsi e mostrarsi nella sua fragilità. 

 

L’abito parla non solo attraverso le sue caratteristiche, ma anche attraverso il modo in cui viene indossato. Metà dress per “La rappresentante di lista” che racconta il proprio dissenso attraverso outfit da occasione sgrammaticati e bruciati che sembrano voler dissacrare quell’ottimismo buonista che non riesce più a contenere i danni dell’apocalisse. 

 

La libertà di espressione non accetta compromessi, sembra dirci questo il look disinvolto e leggero di Dargen D’amico, che si alleggerisce delle opinioni altrui dando spazio alla propria energia e follia.

 

Quanto a libertà nell’espressione di sé Achille Lauro non è davvero secondo a nessuno, vestendosi di se stesso. Carico di una forte referenza interna si auto celebra, mostrandosi senza alcuna copertura o protezione. Si spoglia del superfluo per sublimare la trasformazione che vuole veicolare.

 

Il desiderio di non nascondersi e mostrarsi senza sovrastrutture è ben raccontato anche da Noemi, che si mostra al grande pubblico in una perfetta coerenza tra immagine e voce. Quando ci si ama ci si accetta per come si è, anche qui viene gettata ogni corazza. 

Merita un focus anche il dualismo proposto da Emma, che si presenta sofisticata e quasi regale dalla vita in su e sfacciata e provocante dalla vita in giù. Siamo complessi e contraddittori e dobbiamo far convivere queste due parti.

 

Ci sono poi occasioni in cui l’abito ruba la scena a chi lo indossa, è sicuramente il caso di Lorena Cesarini, la cui imprecisa vestibilità dell’outfit, unita a delle movenze un po’ caotiche, non lasciano spazio al suo viso. L’abito indossa la persona, non il contrario.

 

Sul fronte maschile non si fanno attendere i linguaggi non verbali dei protagonisti.

Una sobrietà quasi silenziosa accompagna le parole di Checco Zalone che fa convogliare tutta l’attenzione sull’ascolto del suo messaggio. La predominanza del black della giacca e dolcevita genera un contrasto cromatico con il viso.

 

Merita attenzione la scelta di Matteo Romano, che indossa un outfit dal rigore molto più adulto della sua reale età. Il severo doppio petto non sembra essere in armonia anagrafica con la freschezza dell’artista. Attenzione però: a volte proiettarsi nel futuro e vestirsi come se già fossimo chi vorremmo essere aiuta a indirizzarsi verso quella proiezione. 

 

Anche nella serata delle cover trionfano gli outfit e il legame tra gli artisti che duettano è ben raccontato non solo dai testi delle canzoni, ma anche dai dettagli dell’abbigliamento, come incroci e nodini su abiti e gonne. 

 

A proposito di duetti, come non citare un Achille Lauro sposo scalzo in una versione che emana purezza e candore, al cospetto, e in ginocchio, di una Loredana Bertè che fedele al suo storico anticonformismo indossa la giarrettiera al braccio destro. Ma non è tutto: elevata nei suoi tacchi interpreta con responsabilità il suo ruolo di mentore e guida.

 

In primo piano i valori e i temi di inclusività del nostro tempo negli outfit genderless, a partire da Sangiovanni che indossa un look cipriato come segno inequivocabile del rifiuto della differenza di genere. 

 

Come non citare i Maneskin che anche quest’anno puntano molto sui dettagli. Le perle ci parlano di legami, i fiori sulle spalle di rinascita, la sfumatura bondage del choker ironizza su un finto richiamo al controllo. Applausi ai Maneskin per la loro ricca e diversificata comunicazione. 

 

Dal profano al Sacro passiamo ai ruoli dei conduttori. Il padrone di casa porta in scena il nostro tempo nelle sue accezioni di ordine e rigore nel gessato, abbandonando inizialmente le sue storiche giacche estrose. Il leggero scintillio della giacca fa trapelare uno spiraglio di ottimismo nel futuro, verso un domani che potrà tornare a splendere. Questo per darci il benvenuto nella prima serata, a seguire l’Amadeus di sempre con giacche più colorate. Più disinvolto il suo compagno di scena Fiorello che, in perfetta coerenza con il suo ruolo di intrattenitore, e non conduttore, si presenta senza farfallino, con la camicia semi sbottonata e ricca di paillette.

Femminile e autorevole il look di Ornella Muti che a dispetto di ogni pregiudizio indossa un abito senza età, perché è lei a renderlo senza età con oggettività e buon senso.

 

Le innumerevoli sfumature di Drusilla e i molteplici significati che l’accompagnano, ci hanno affascinato a tal punto che dedicherò uno speciale approfondimento ai suoi outfit. 

 

Un meritato accenno a Michele Bravi che nelle sue esibizioni è riuscito a trascinare sul palco un portento di significati e valori. 

Sostenibilità al centro del messaggio attraverso il suo completo verde smeraldo, prezioso come lo è la nostra Terra. Il verde trasmette inoltre il suo significato atavico di stabilità emotiva rafforzato dalle imponenti calzature che lo legano a quel palco che per lui rappresenta un forte ricordo dei nonni, le cui fedi, insieme a tutto il resto, ci ricordano che gli accessori “non sono mai solo cose” ma emozioni.  

Le stesse emozioni, ma con un’accezione diversa, incatenano lo spazio interiore di Irama, che con il suo abito nero coperto da una ragnatela di catene, racconta la sua perdita.

Dolore, rinascita, rigore, amore per la Terra, potere dei colori e magia dei simboli: nulla è lasciato al caso a Sanremo, d’altro canto non è forse la sede giusta per raccontare il nostro tempo e le anime che lo abitano?