Il tempo che un professionista impiega per indossare la propria divisa va retribuito?
Questa domanda è tornata in auge dopo che la stessa Cassazione si è espressa sul tema.
Partiamo dall’inizio.
Il tema della divisa ormai si muove con grande familiarità nelle pagine di questo blog.
Tuttavia le divise non sono tutte uguali ed è questo il focus dell’approfondimento di oggi.
Molte professioni richiedono l’adozione di una divisa.
I settori sono disparati, si passa dai reparti di polizia a quelli medici, dagli addetti al reparto salumi ai vigili del fuoco, dalle hostess ai giardinieri.
Ogni mestiere, per motivi diversi, può prevedere l’adozione di una divisa. C’è chi la fa indossare per puro riconoscimento del brand, come ad esempio grandi catene commerciali, oppure chi è tenuto a indossarla per motivi igienici legati allo svolgimento delle mansioni.
Ci sono poi divise che non rientrano pienamente in questa denominazione, perché si tratta più nello specifico dell’adozione di un dress code che sia in linea con i valori dell’azienda, ma che tiene anche conto dello stile personale dei dipendenti e delle occasioni d’uso. In quest’ultimo caso spesso il professionista può scegliere come vestirsi purché sia nel rispetto del dress code. Nelle aziende che non richiedono nello specifico l’adozione di una divisa, pur essendoci libertà nella scelta dei capi da indossare, tuttavia ci si aspetta dal professionista una certà formalità o informalità a seconda di criteri come: posizione, ruolo, occasione, settore aziendale, mood del brand.
Alla luce di questa panoramica generale è emerso il grande interrogativo che polarizza opinioni e in alcuni casi polemiche.
Il conflitto che divide i pareri nasce dal fatto che il tempo per vestirsi non è di fatto impiegato nell’esercizio delle attività, ma allo stesso tempo è vero che se il lavoratore non fosse tenuto a vestirsi in un certo modo non dedicherebbe più ore del dovuto all’attività di vestizione per prepararsi al lavoro.
Quindi il tempo che si impiega per indossare la divisa rientra nelle ore di lavoro retribuite da contratto o è esterno ad esso?
La risposta è: dipende.
E la cassazione argomenta così i criteri di valutazione delle situazioni di vestizione di abiti professionali.
Ci sono dei casi in cui l’abbigliamento da lavoro viene fornito in dotazione dall’azienda ed è permesso ai dipendenti di portarlo a casa. L’esempio più noto è quello di hostess, piloti, poliziotti. In questo caso, potendo indossare i vestiti da casa, il tempo per indossarli non è incluso nel tempo di lavoro e quindi non va retribuito.
In altri casi invece il dipendente è vincolato a indossare la divisa, spesso il camice, solo quando è effettivamente sul posto di lavoro. In quest’ultimo caso è giusto, secondo la Cassazione, che il tempo di vestizione e svestizione avvenga all’interno dell’orario di lavoro e di fatto rientri nelle ore di lavoro retribuito.
Non ci sono dunque più dubbi sull’esito del dibattito riguardante i tempi di vestizione, la Cassazione si è espressa chiaramente.
Fuori dalle valutazioni della Cassazione rientrano ovviamente tutte le categorie dei professionisti che si allineano con il dress code aziendale perché, sappiamo bene, che quando ci si veste si indossa: la propria personalità, il proprio stile, ma anche il proprio ruolo e gli obiettivi che si desidera raggiungere.
Per questo puoi rivolgerti a me!
Utilizziamo i cookie per personalizzare contenuti ed annunci, per fornire funzionalità dei social media e per analizzare il nostro traffico. Condividiamo inoltre informazioni sul modo in cui utilizza il nostro sito con i nostri partner che si occupano di analisi dei dati web, pubblicità e social media, i quali potrebbero combinarle con altre informazioni che ha fornito loro o che hanno raccolto dal suo utilizzo dei loro servizi. Acconsenta ai nostri cookie se continua ad utilizzare il nostro sito web.