Sanremo 2024: il potere comunicativo ed evocativo dell’abbigliamento

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Si sono appena spente le luci sul teatro dell’Ariston ed il palcoscenico è stato, ancora una volta, una tela su cui artisti di ogni genere dipingono storie attraverso melodie, parole, e, non meno importante, attraverso il linguaggio silenzioso ma fortemente impattante dell’abbigliamento e degli accessori.

L’eleganza del nero che esalta l’accessorio come strumento di comunicazione

Il colore nero ha sempre avuto un ruolo predominante nella moda, associato non solo all’eleganza ma anche a un senso di protezione. Questa caratteristica si è resa evidente durante eventi di grande risonanza come il Festival di Sanremo, durante il quale i cantanti anche più maturi e consapevoli delle proprie capacità hanno deciso di rifugiarsi in questo colore.

Ma oltre alla funzione di protezione il nero permette agli accessori, primi tra tutti i gioielli, di diventare protagonisti. Prima tra tutti è stata proprio Alessandro Amoroso durante la prima serata è comparsa con un abito nero, guanti e gioielli vistosi. Nella seconda serata Emma sale sul palco sempre con abito nero e un serpente al collo: quale modo migliore di creare corenza tra la sua canzone “Apnea” e la stretta mortale del rettile intorno al collo? Ecco qui che gli accessori raccontano e rappresentano la canzone.

Una altro cantante che ha sfurttato in maniera potente il nero è stato Irama che ha voluto convogliare l’attenzione dello spettatore sulla collana che aveva tra le mani generando un allure di mistero sul suo significato e sul perchè l’avesse. L’ignoto è spesso attrazione.

Il nero torna in maniera quasi prepotente durante la terza serata per Rosa Villain che si presenta totalmente fasciata in un abito fino si piedi: è una seconda pelle che esprime il disperato desiderio di aggrapparsi all’illusione di avere sotto controllo un amore buio al quale si è data la possibilità di entrare nel proprio disordine.

Un altro messaggio potente viene veicolato da Maninni che canta “in quelle giornate bastarde” riferendosi a quelle in cui si fatica, si cerca quella forza di reagire. Il cantante è immerso in una blusa di microfibra nera ricca di fiori, il simbolo di quella rinascita pretesa anche nei momenti cupi.

Il bianco e le sue mille sfaccettature

Il bianco è un colore che è stato sfruttato in maniera sapiente dai cantanti dell’Ariston, Diodato, in prima serata, lo ha usato per narrare la sua solitudine. Del resto questa tonalità non è solo sinonimo di purezza, ma anche un modo per dire “sto bene da solo”.

In seconda serata Loredana Berté è salita sul palco avvolta da un blazer di piume eteree, strumenti per elevare una donna che “si è odiata abbastanza”, rese però sorprendentemente concrete e terrene con il completo incravattato. E sono sempre le piume che tornano nel look dell’ultima serata per la Bertè: passate dal corpo agli occhiali che diventano una corona che non pesa per una mente e una regina leggera di chi non ha paura di perdere le persone per ciò che è perché ha imparato a perdonarsi da sola.

Il bianco è anche libertà come insegna Fiorella Mannoia che, durante la prima serata, canta liberamente a piedi nudi: il suo look è una moltitudine di essenze celate dentro un bianco pizzo che si rivelano solo all’occhio di chi si impegna a seguire le fitte trame libero dal voler comprendere dandone un ordine.

Ma il bianco viene usato anche come in contrasto con il nero, come insegnano di The Kolors che sfruttano la combinazione di questi due colori per definire chiaramente i ruoli del gruppo musicale sul palco.

Coerenza tra immagine e messaggio

A volte l’efficacia dei colori non è abbastanza e per rendere la propria performance davvero memorabile è essenziale che ci sia una stretta ed evidente coerenza tra l’immagine del cantante e il messaggio che vuole veicolare.

Come non citare quindi Big Mama che esordisce con la sua canzone “Guarda Me” perfettamente accompagnata da un abito creato per attirare gli sguardi su di sé. Ecco spiegate le trasparenze che permettono alla cantante di intrappolare gli sguardi e il tulle che l’aiuta a prendersi il proprio spazio attraverso l’alterazione delle linee del proprio corpo. Durante la seconda serata, invece, gioca con i contrasti: il l rosso che sfiorato dal nero evolve la sua natura passionale in violenta rabbia che, coerentemente con la canzone, esplode definitivamente nell’outfit e make up total red della finale.

Dargen, sfrutta gli stessi colori ma con una sfumatura diversa che, nell’ultima serata, attraverso la sua immagine bicolor tempestata di cuori si autoproclama silenziosamente il nuovo “re di cuori” di un magico paese delle meraviglie che purtroppo non esiste che denunciato dalla sua canzone.

Come non parlare poi di Loredana Berté? Sradicando lo stereotipo antico che “dopo i 40 la gonna sopra il ginocchio non va”, usa il buon senso di mostrare le sue meravigliose gambe con quella libertà mentale che stereotipicamente viene associata ai pazzi. La metà inferiore del corpo seducente e che esprime il suo istinto all’azione, si accompagna a quella superiore da collegiale nella metà superiore, dominata invece da intelletto e razionalità. L’effetto è una perfetta coerenza tra canzone e immagine e che esprime una dicotomia che ci urla ben chiaro che la Berrè non sembra, ma è incredibile.

Gali ha fatto parlare di sè per la sua musica contaminata con uno stile ineguagliabile: proprio come durante la serata della finale inizia a cantare in arabo e termina con “Sono un italiano vero”, la sua esperienza distopica rivive e sublima nel suo stile alienante, in equilibrio tra l’eclettico e lo streetwear style raccontandoci visivamente e verbalmente il vero mondo attuale.

Una riflessione a parte deve essere dedicata a Marco Mengoni che vive, in maniera programmatica, il suo essere co-conduttore e cantante a Sanremo. Ed è stato proprio lui ad affermare “Ora sono vestito da cantante, ma mi cambio per presentare”. Ecco quindi che si svela in maniera prepotente l’importanza dell’abito come strumento per entrare in una nuova identità, in un ruolo. Se infatti mentre canta indossa la maglia metallica della canzone che l’ha portato alla vittoria l’anno scorso, da co conduttore opta per delle sfumature di rosso con un tocco di blu, come il burgundy, prediligendo un colore regale ottimo a proteggere le sue fragilità davanti ad una platea e un palco tanto difficile.

Bnkr44 si sono presentati sempre in maniera coesa come una squadra, esprimendo e amplificando all’ennesima potenza la libertà di essere ogni giorno diversi, ma contemporaneamente legati da una costante identità di gruppo.

Angelina Mango, oltre ad essere la vincitrice di questa edizione, insegna come potenziare la propria performance con l’abito che coniuga la sua funzione estetica a quella di strumento di comunicazione. In linea con la sua canzone lontana da essere noiosa, Angelina indossa una veste ipnotica che incanta e evoca la magia con un tocco di mistero: dal cappuccio quasi iniziatico al richiamo gipsy si veste di stampe, colori pizzi, chiffon e contrasti che ipnotizzano. Sono accostamenti liberi ed evocativi come il messaggio che vuole comunicare a chi la guarda sul palco cantare. Durante la serata delle cover emerge la sua capacità di saper calibrare l’abito e l’energia dell’immagine rispetto al momento. Ecco quindi che ha “abbassato i toni” prediligendo colori più soavi, lasciando intravedere la sua anima in un abito effetto nude che la accarezza delicatamente come fa lei, al pari di una rondine, con il ricordo del suo papà. Angelina in questo momento così emozionante mantiene la sua identità ipnotica, ma sale sul palco eterea, quasi una dea.

Avevamo lasciato Mr. Rain accompagnato da un coro di bambini che cantava con lui “supereroi” e lo ritroviamo quest’anno che, durante la serata delle cover porta una canzone di dolore e riscatto. Il cantante veste di verde il colore della rinascita e dell’evoluzione, proprio come la protagonista della canzone, Mary.

Mahmood riporta sull’Ariston il tema del genderless, strizzando l’occhio alla gonna di Marco Mengoni, in un outfit che lo rende statuario e sensualissimo. È un outfit che avrebbe potuto indossare qualsiasi cantante in gara, sovvertendo le regole del chi indossa cosa in base all’identità di genere.

Lo studio di un outfit in occasioni come Sanremo va sempre al di là della mera superficie e anche questa edizione ce l’ha dimostro.