Già da qualche anno si è accesa l’attenzione sulla sostenibilità nell’ambito della moda.
Questo è dovuto non solo ad una maggiore sensibilità degli stilisti che attraverso le loro collezioni hanno trasmesso nuovi valori legati al rispetto per le persone e per l’ambiente, ma anche ad un generale aumento dell’interesse verso certi temi che grazie al contributo dell’informazione non possono essere più taciuti né sottovalutati.
Molti dei capi che indossiamo provengono da contesti in cui si tiene poco, o affatto, conto dello sfruttamento dei lavoratori o dell’inquinamento ambientale, che riguarda sia il suolo sia le acque, delle violenze perpetrate ai lavoratori in paesi dove la democrazia fatica a rientrare nella sua stessa definizione.
Molte ricerche condotte sul tema si sono poi tradotte in documentari piuttosto dettagliati capaci di spiegare al mondo cosa c’è veramente dietro una produzione non sostenibile.
Oltre allo sfruttamento e all’inquinamento che di per sè rappresentano due gravi esempi di mancato rispetto umano e ambientale, ci sono anche i cosiddetti “effetti secondari” scaturiti dalle modalità produttive adottate.
Ormai è piuttosto noto, ma forse non abbastanza, quanto i pesticidi utilizzati per la coltivazione del cotone ODG in India, abbiano una portata tossica in grado di generare problemi di salute molto gravi a chi ha la sfortuna di abitare in prossimità delle aree di coltivazione. Altrettanto interessante è il fatto che le aziende farmaceutiche che producono medicinali per curare gli effetti della tossicità, siano le medesime, o associate, che mettono sul mercato i fertilizzanti e pesticidi responsabili di tale abominio.
Le considerazioni sociali sulle conseguenze della cosiddetta “moda veloce” risalgono fino alle radici del problema, ricordandoci gli effetti della globalizzazione e l’enorme inganno che si cela dietro la prospettiva illusoria che i consumatori con potere di acquisto avrebbero potuto accedere ai beni di consumo della moda a prezzi più bassi e che, di contro, le persone povere dell’altra parte del mondo avrebbero abbandonato l’indigenza trovando un lavoro nella produzione di abbigliamento.
Oltre alle questioni che chiamano in causa valori profondi e cause perorate in tutto il mondo, il concetto di sostenibilità chiama in esame anche un altro aspetto: l’acquisto facile, veloce, non necessario, che spesso diventa oggetto di inutilizzo e spreco. Questo fenomeno è all’origine della definizione di “Fast fashion”, mettendo in risalto la velocità che contraddistingue i tempi di produzione e di conseguenza di acquisto: materiali scadenti, procedure rapide, manodopera sottopagata, nonché sfruttata.
Tutto questo si colloca anni luce da qualunque principio etico.
Cosa significa sostenibilità?
Andiamo al centro del problema: per sostenibilità si intende l’insieme di tutte le modalità di produzione e distribuzione di un bene contraddistinte dal rispetto per l’ambiente e per le persone.
Le aziende eco-friendly, ad esempio, sono quelle che hanno a cuore la tematica ambientalista e non utilizzano prodotti che possano danneggiare il territorio, l’aria, l’acqua. Utilizzano materie prime naturali riciclando o rigenerando l’inutilizzato o l’avanzato.
Il riciclare consiste nel distruggere un capo e trasformarlo dandogli nuova vita, rigenerare significa mantenere l’entità del prodotto senza distruggerlo per dare vita a qualcosa che abbia un valore maggiore.
I personaggi famosi, dai politici alle star di Hollywood, conoscono bene il potere del messaggio che possono tramandare indossando un abito già portato in altre occasioni o riciclato.
Alla causa della sostenibilità si sono votate attiviste del calibro di Kate Middleton, Jane Fonda e Michelle Obama, quest’ultima ha anche sostenuto nuove aziende di moda molto attente ai temi in questione.
Il tema della sostenibilità racconta di un guardaroba più slim, dove un abito può esprimersi in linguaggi diversi sfruttando magari meglio le possibilità di abbinamento. Ecco che l’accessorio afferma ancora volta la sua posizione strategica nel mondo dell’abbigliamento, esercitando il suo potere di cambiare l’assetto di un outfit anche se si tratta di un abito indossato in più e diverse occasioni.
Un ottimo segnale per un cambio di mentalità.
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