Il significato non verbale delle sfilate della Milano Fashion Week

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Le maison che hanno creato un dialogo visivo che va oltre l’apparenza. 

 

Chi ha detto che la Milano Fashion Week è solo l’occasione per presentare le nuove collezioni? Non è forse anche uno spazio in cui le grandi maison hanno l’opportunità di raccontare qualcosa di più di sè, dei valori in cui credono e per il quale vogliono essere riconosciuti, attraverso la creazione di una cornice che contestualizza e sostiene le sfilate stesse?

Vediamo come, attraverso l’uso innovativo di materiali, la reinterpretazione di forme tradizionali e l’introduzione di nuove tecniche sartoriali, questi stilisti abbiano reso gli abiti veri e propri manifesti di un’estetica che comunica, che narra.

Una chiave di lettura che va oltre l’aspetto esteriore

Sulla settimana della moda è stato scritto già quasi tutto, sottolineando come nuovi stilisti e non solo abbiano saputo portare qualcosa di innovativo oppure rivisitare quegli elementi che hanno fatto grande un brand in chiave moderna.

Ma basta davvero chiedersi questo? Forse, per comprendere appieno l’impatto (e ipotizzare il successo di una collezione) bisogna ripartire anche dall’analisi dell’abbigliamento come strumenti di comunicazione non verbale e tassello di una narrazione più complessa che abbraccia tutti i capi di una collezione.

L’abbigliamento – e a maggior ragione quello che viene portato in passerella – non è solo un elemento di stile, ma un potente strumento di espressione individuale e collettiva. Attraverso le collezioni presentate, alcuni designer hanno saputo interpretare e trasmettere messaggi significativi, creando un dialogo visivo che va oltre la semplice apparenza. L’attenzione si focalizza su quelle maison che, con audacia e sensibilità, hanno intrecciato nei loro capi tematiche attuali, rievocazioni storiche, aspirazioni future e riflessioni sull’identità, svelando così le molteplici dimensioni che l’abbigliamento può esprimere.

I non luoghi di Etro

Era tra i brand più attesi da momento che è stato proprio lui a vestire la vincitrice di Sanremo, Angelina Mango. Il titolo della collezione è “Nowhere” ossia, non luogo, sottolineando solo in apparenza il contrasto ossimorico tra chi si trova lì a sfilare o osservare e il significato altro che sta a rappresentare.

La cornice è chiara: raccontare una moda adatta a tutti i non luoghi che viviamo ogni giorno, dagli aeroporti e le stazioni dei treni, dai centri commerciali alla metropolitana.

Nowhere anche come metafora della moda, luogo nel quale tutto è concesso perché le combinazioni di elementi sono virtualmente infinite” ha dichiarato De Vincenzo.

Insomma, il vero significato degli abiti rimane nell’immaginazione di chi lo indossa e di chi lo guarda ma la sua manifestazione concreta sono abiti che confermano l’identità del brand con stampe colorate e che difficilmente passano inosservate e che profumano sempre di terre lontane, culture che incantano tra il mistico e il magico. Trionfa il denim, grande protagonista della settimana della moda milanese, ma anche un modo di esprimere se stessi con una predominanza dei colori della Terra: in fondo, sembra suggerire lo stilista, i non luoghi sono proprio quelli dove ci si può esprimere con la massima libertà.

Il romanticismo storico di Prada

Il primo elemento che mi ha colpito della sfilata di Prada è stato il setting. Il deposito di Fondazione Prada a Milano è stato allestito come un terrario, esattamente come era stato preparato per la moda uomo, ma questa volta c’è un esercito di donne a sfilate, svelte.

Con la loro “Instintive Romance”, Miuccia Prada e Raf Simons continuano nella loro sperimentazione di interrogare il passato per poterne trarre insegnamenti e ispirazioni. I capi portati in passerella sono la perfetta fusione di elementi dalla forte connotazione storica – copricapi che sembrano elmetti ma vengono indossati come il basco – indossati con straordinaria leggerezza.

Conoscere il passato per costruire il futuro con un tocco di romanticismo è il monito di Miuccia, recentemente eletta la donna più influente della moda. Il tema della memoria emerge prepotente nella scelta dei materiali, ma viene stemperato da tonalità romantiche come il rosa. Insomma, nel terrario di Prada tessuti, dettagli piumati e divise trovano spazio per una rilettura moderna: in fondo, nella storia, c’è spazio per tutti.

Dolce&Gabbana, tre sfumature di tuxedo 

La sfilata è un inno alla giacca tuxedo. Le modelle, tra cui la venere nera Naomi Campbell, sfila sulle note di Murphy’s Law trasmettendo un messaggio forte e chiaro: il tuxedo è il simbolo più puro dello stile. “La sua eleganza lineare e la semplicità sofisticata esaltano la femminilità. Una donna in tuxedo affascina per la sua eleganza, la sua ambiguità. E per noi solo lo stile permette di andare oltre la moda: più un capo è semplice e classico, come appunto il tuxedo, più è eterno” hanno spiegato Domenico Dolce e Stefano Gabbana.

Il risultato è una palette di stili, in nero, attraverso i quali il tuxedo contemporaneo si esprime attraverso tre sfumature: classico che sfiora i fianchi, bolero corto per una gran soirè e cappotto con spalle over e bottoni in vista. Del resto non è un caso che sia stato scelto proprio questo capo come emblema della moda femminile di Dolce&Gabbana: è proprio questa giacca che permette di esprimere al massimo la tradizione sartoriale del Made in Italy, mostrando come la donna che la indossa sia la sublimazione di due spinte solo in apparenze opposte: maschile e femminile, seduzione e austerità, umana e inarrivabile.

Armani inventa i fiori d’inverno

La sfilata di Armani comincia con la conferenza stampa di presentazione in cui Giorgio Armani marca il territorio, sottolineando il suo desiderio di fare moda in modo diverso dagli altri. Passa poi alla sua ispirazione, la Natura che “è il mondo dove viviamo e vogliamo continuare a vivere senza le esagerazioni non necessarie”.

La sua collezione è quindi realistica ma con un tocco sognante: ecco lo spazio di fiori d’inverno che compaiono, eleganti e silenziosi ma dannatamente evidenti, sui capi della moda donna in passerella. Ricami, cristalli colorati e stampe su lana raccontano una storia di resistenza, rinascita e bellezza senza ostentazioni che si esprime con lunghi cappotti, trasparenze mai eccessive.

La palette è quella del gregie con tocchi di rosa e color pavone che esaltano la figura di una donna leggera e slanciata, con maniche svasate e pantaloni fluidi.

Anche in questo caso il messaggio e le emozioni che suscitano sono chiare ed esplicitate dallo stesso Giorgio Armani: questi abiti sono pensati per “una donna normale che vuole essere vestita bene con una coerenza con il viso che porta e con i gesti che ha e con il rifiuto di tutto ciò che non le appartiene”.