TOKYO 2020: le divise come simbolo di unione e di identità

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Protagoniste assolute delle Olimpiadi Tokyo 2020 le straordinarie divise, disegnate dall’inarrivabile e impeccabile Re Giorgio.

Nella straordinaria sfilata di ingresso, con la coreografia accuratissima che da sempre caratterizza le olimpiadi (seppur un po sottotono per via del particolare momento storico in atto) , ogni atleta ha indossato attraverso la propria divisa i valori della cultura di appartenenza. 

Sapete che all’inizio le Olimpiadi, che per l’appunto si svolgevano nella città di Olimpia, in Grecia, erano una ricorrenza religiosa?

 

I toni, gli abiti, i comportamenti rispondevano dunque a un mood piuttosto spirituale … rallegrato però dalla presenza di giochi sportivi che richiedono quindi un abbigliamento più comodo e adeguato.

La divisa nasce quindi per necessità, con scopi di pura funzionalità in origine per poi arrivare al carattere identitario di cui è portatrice. 

Oggi le Olimpiadi sono soprattutto prestazioni sportive. Anche nel contesto sportivo la divisa si fa dunque portavoce dei valori condivisi ed espressi con coerenza rispetto al contesto di riferimento.

Non è molto diverso da quanto accade nelle aziende, dove la divisa non si limita al riconoscimento di un’appartenenza al brand, quanto piuttosto estende il proprio senso estetico al significato dei contenuti, dei toni, dei registri linguistici.

Come spesso accade per gli eventi di risonanza internazionale, anche le Olimpiadi di Tokyo hanno offerto l’opportunità di sfogo ai leoni da tastiera.

Non parliamo solo dei “super esperti” che hanno commentato quasi a livello tecnico le prestazioni sportive, ma soprattutto degli “esperti” di moda e consulenza di immagine che hanno offeso in tutti i modi possibili la creazione di Re Giorgio (Armani) per gli atleti italiani in gara.

Credit: Armani.it
Credit: Armani.it

I completi sono stati addirittura paragonati all’abbigliamento dei Teletubbies, i pupazzi protagonisti delle serie TV per i più piccoli.

Qualcuno ha tirato in ballo un’ improbabile somiglianza con i biscotti della fortuna, altri hanno colto similitudini con i grafici di excel.

Insomma la fantasia fornisce sempre solidi appoggi, quello che invece gravemente scarseggia è il buon senso, il rispetto per il lavoro degli altri e la capacità di leggere oltre quello che si cela dietro a un’immagine.

Come spesso accade, dietro alle tanto criticate divise c’è il lavoro di un team di esperti e soprattutto di un artista che attraverso la moda sta fornendo interpretazioni profonde e veritiere di molti aspetti del nostro tempo.

Entriamo nel merito degli aspetti tecnici delle divide e cerchiamo di capire come andare oltre e di valorizzare il lavoro di comunicazione, di attribuzione di senso e di lettura della realtà realizzato dal team di professionisti capeggiati da Armani.

L’Italia e il Giappone sono due mondi geograficamente e culturalmente distanti, un tentativo di unione può essere significativamente rappresentato  dalla grafica del completo che rappresenta l’incontro tra il tricolore nazionale e il Sol Levante giapponese. La scelta del colore è stata realizzata nel tentativo di portare alla luce la purezza dello sport. All’interno delle divise è riportata la intro dell’inno nazionale.

Nonostante le critiche sui social non è mancato chi ha manifestato riconoscenza e merito allo stilista che ha già apposto la sua firma nelle divise degli atleti italiani protagonisti di eventi sportivi come le Olimpiadi estive di Londra 2012, Rio 2016, quelle invernali di Sochi 2014 e Pyeongchang 2018.

Re Giorgio non ha bisogno certo di essere difeso, d’altro canto non è stata certo l’unica ( e purtroppo non l’ultima) vittima delle polemiche social delle Olimpiadi.

Voglio infatti portare all’attenzione, già che siamo in tema di Olimpiadi, la campionessa Lucilla Boari e le sue colleghe atlete nel tiro con l’arco, definite sui social le“cicciotelle dell’arco”. 

Un atteggiamento che si commenta da solo, ma che evidentemente non è sufficiente a sollecitare il rispetto, l’apertura mentale, la buona educazione, di chi sente necessariamente il bisogno di sfogarsi sui social offendendo gli altri, per l’esattezza chi, in rappresentanza della sua nazione, sta portando a casa l’ennesimo, sudato e meritato, successo.